Ayrton Senna, quel Momento in cui la F1 si spense a Imola

credit immagine: Jmex60, cropped/retouched by Morio.

Avevo 12 anni ed ero totalmente malato di sport; desideravo tre cose: diventare un campione di Basket; progettare edifici e scrivere di sport. Leggevo di tutto. Eppure da maggio a settembre costringevo i miei a darmi quotidianamente la paghetta estiva perché dovevo comprare la gazzetta dello sport o, in alternativa forzata, il corriere dello sport. Era più forte di me. Avevo 12 anni, ero un ragazzino, ma preferivo svolgere attività da anziano; non da adulto, da anziano proprio. Nel mese di vacanza calabrese in famiglia, scendevo in spiaggia con mio nonno alle 7 e mai ricordo d’esser risalito in piazzetta più tardi delle 10. Mi compravo il giornale; di nascosto il caffè o, se volevo evitare il linciaggio familiare, un bicchierone di latte. Aspettavo, con l’impazienza di un bimbo, che mancasse qualcuno a qualche tavolo da gioco di carte per mettere in pratica gli insegnamenti di mio nonno. Briscola o Tressette erano i miei giochi preferiti. I grandi mi accoglievano al tavolo con tenerezza. Più per iniziare a giochicchiare che per altro. Mi bastava una sola mano per farli “entrare in partita”. Non so quante volte, risalendo dal mare, mio nonno che più che un gioco considerava ed, in cuor suo, ancora considera, le carte come l’arte dello stare insieme, mi guardava divertito e con una sarcastica pietà nei confronti dei più attempati compagni di tavolo mi diceva: Michele non ti ho forse insegnato che è sbagliato approfittarsi degli anziani?
Io me la ridevo, qualche compagno di gioco mi tacciava di appartenenza demoniaca. Io però adoravo, più di tutto, stare con loro per parlare di sport.

Lo sport di chi non ha paura

Col tempo avevano imparato, che se serviva qualcuno fissato di risultati e statistiche per sbrogliare qualche matassa, quel qualcuno ero io. Tutto vedevo, tutto immagazzinavo, numeri su numeri, risultati su risultati; Ciclismo, Calcio e Formula Uno le mie discipline preferite. Certo era che non disdegnavo atletica, basket, tennis, sport olimpici, sport invernali; tutto ciò che si pratica con agonismo; io lo amavo. Dove eccellevo era proprio la Formula Uno. Lo sport dei tempi, degli intermedi, dei minimi dettagli, della tecnologia, del coraggio, della resistenza fisica, della capacità programmatica e progettuale, lo sport delle strategie. Lo sport per uomini senza paura.

La morte della Formula Uno 

Avevo 12 anni ed era il 1994. Nel mese di Luglio di quell’anno stavano per iniziare i Mondiali di calcio negli Stati Uniti.  Era giovedì quando, proprio ad uno di quei tavoli da gioco, un amico di mio nonno mi chiese: << Secondo te chi vince il gran premio questa settimana?>> Sapevo si corresse in Inghilterra. Sapevo che Hill partiva favorito nonostante Schumacher stesse dominando la stagione. Eppure il bambino ed il vecchio che vivevano in me alzarono lo sguardo dalle carte e risposero: << Cosa vuoi che ce ne importa, non lo sai che la Formula Uno è morta ad Imola il 1º maggio di quest’anno ?
Rimasero tutti senza parole. Non potevo nemmeno immaginare che in futuro mi sarei sentito mezzo Brasiliano. Non potevo sapere che quell’uomo potesse ritornare così prepotentemente nella mia vita eppure per me; la Formula Uno era Ayrton Senna.

Il Brasile nel cuore

2010. Corso di portoghese presso l’università federale della Paraiba. La mia insegnante, per presentarci vari aspetti della cultura sportiva brasiliana; proiettò varie immagini di campioni “Verdeoro” di tutti gli sport. In una classe di 20 stranieri nessuno riconobbe Oscar Schmidt, idolo Cestista indiscusso e indimenticabile nella vicina Caserta detto “Mão Santa”. Nessuno riconobbe Cesar Cielo Filho. Nessuno riconobbe alcuna immagine proiettata, nessuno che non fossi io. La mia fidanzata si divertiva per il fatto che stavo tenendo una lezione di cultura sportiva. La mia prof ne era, se possibile, ancora più sorpresa e divertita. Ero nel mio mondo; sorridevo e spiegavo. Poi come ultima foto giunse la foto dello sportivo che il Brasile più ama. Molto più di Pelé.

I sogni di un bambino

Giunse la foto che tutti riconobbero; l’immagine sorridente di Ayrton Senna. Ed io persi l’allegria. Ricordo che dissi: il più grande pilota di tutti i tempi. Ha onorato immeritatamente l’Italia della sua ultima gesta morendo il 1 maggio del 1994, nella “curva del Tamburello”. Avevo i brividi e un nodo alla gola; lo stesso nodo che solo Marco Pantani sa stringere. Perché al di là della grandezza sportiva; quando persone come Ayrton Senna e Marco Pantani muoiono è come se morissero 3 volte. Come grandi uomini. Come campioni invincibili e più di tutto muoiono come sogni di bambino. Ed un bambino non dovrebbe mai conoscere la morte, nemmeno dei propri sogni.

2 thoughts on “Ayrton Senna, quel Momento in cui la F1 si spense a Imola

  1. Rafael, la tua emozione ci ha emozionato. Condividiamo tutti la stessa passione e tutti noi ricordiamo con esattezza quel maledetto 1 Maggio come se fosse ieri. Grazie ancora per le splendide parole.

  2. Grandissimo testo, mi sono identificato con diverse parti, e mi ha fatto piangere. Come brasiliano, amante dello sport e ammiratore del più grande sportivo brasiliano di tutti i tempi, grazie!!!

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