Giampiero Ventura e il non coraggio di ammettere un fallimento

credit immagine: Nazionale Calcio.

Giampiero Ventura – Quando il silenzio sarebbe l’unica cura

Nello sport si sa, la sconfitta è all’ordine del giorno. In ogni sport, in qualsiasi competizione, saranno sempre più gli sconfitti che i vincitori. La cultura nel saper accettare una debacle dovrebbe essere parte integrante dell’allenamento settimanale. Tanto per i giocatori, quanto per allenatori, tifosi e tutto il circus che ci circonda.

Poi però, inutile prendersi in giro, ci sono sconfitte e disastri. Quelle situazioni inaspettate dovute non tanto al livello sportivo, ma soprattutto ad ineguatezza di presidenti, tecnici o giocatori.

L’Italia fuori da un Mondiale è, per chi mangia pane e calcio, una ferita assai aperta. Vuoi per storia, tradizione o per il non poter semplicemente stare con gli amici, condividendo allegramente un obiettivo che accomuna tutti. Il senso di unione. Quello che è mancato alla nostra Nazionale, al nostro ct e che manca ancora oggi.

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Dopo mesi di silenzi, dopo le “dimissioni” di Tavecchio, il traghettamento di Di Biagio e l’esordio di Roberto Mancini alla ricerca di una difficile ripartenza, ecco spuntare nuovamente l’ex ct Giampiero Ventura.

Il comprensibile ed anche umano (per quanto poco pensabile) bisogno di voler ricominciare ad allenare, cozza maledettamente con il suo voler a tutti i costi, continuare a parlare di quello che sarà IL FALLIMENTO SPORTIVO PIÙ GRANDE DELLA STORIA DELLO SPORT ITALIANO. Inaccettabile dicevamo, il suo volersi discolpare a tutti i costi; stucchevoli le continue interviste dove ripete all’infinito della campagna contro la sua persona, dei fantasmi all’interno dello spogliatoio e del suo essere stato lasciato solo. Parole che fanno rabbia. Perchè è impensabile che un Commissario Tecnico non abbia la capacità di gestire uno spogliatoio, la personalità di prendersi le proprie responsabilità ed ultima cosa, ma non meno importante, il voler scaricare il proprio fallimento addosso ai SUOI giocatori, come un capitano di una nave (anche a picco) non dovrebbe mai fare.

Ma, visto che al peggio non c’è mai fine, dalla rabbia si passa all’assurdo. Il Mondiale è iniziato, e noi italiani, da spettatori non interessati, cerchiamo davanti alla tv di trovare ad ogni partita una squadra preferita (che spesso è la meno accreditata, ma lo sappiamo, a noi piacciono le storie di Davide che batte Golia, a patto che quel Golia non siamo noi),  un modo per scacciare via la malinconia per il non poter sventolare il tricolore fuori dalle nostre finestre, dalle nostre auto, guardando la gioia dei nostri bimbi. Ma poi riecco ancora lui. Giampiero Ventura. L’ennesima intervista, rispondendo a domande che probabilmente nessuno ha mai fatto, come un bambino colpevole per aver rotto un vaso, che continua a discolparsi per giorni e giorni, senza che i genitori dicano più nulla.

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Le dichiarazioni su Balotelli “Sarebbe stato convocato per le amichevoli contro Argentina e Inghilterra. Lavoravamo per farlo rientrare” e Sul Mondiale che sarebbe stato se ci fossimo qualificati, ci impongono quantomeno di provare a chiedere al signor Ventura una ed una sola cosa: IL SILENZIO. Perchè la sconfitta è accettabile e fa parte del gioco, ma quando essa è frutto di fantasmi invisibili, di un allenatore che ha pensato esclusivamente a se stesso mettendo davanti ad ogni cosa il proprio ego piuttosto che pensare alla squadra, cercando di NON schierare gli undici migliori in una partita così importante, non è tollerabile. Ha detto di voler tornare ad allenare, ci auguriamo per lei che trovi qualcuno disposto a darle un’altra chance, però, signor Giampiero Ventura, le chiediamo un primo, unico ed ultimo atto d’amore nei confronti della Nazionale Italiana; Stia zitto.

Grazie.

 

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